Divieto di concorrenza nelle società di persone

Codice civile, Art. 2301.

Il socio non può, senza il consenso degli altri soci, esercitare per conto proprio o altrui una attività concorrente con quella della società, né partecipare come socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente.

Il consenso si presume, se l’esercizio dell’attività o la partecipazione ad altra società preesisteva al contratto sociale, e gli altri soci ne erano a conoscenza.

In caso d’inosservanza delle disposizioni del primo comma la società ha diritto al risarcimento del danno, salva l’applicazione dell’art. 2286.

Nella società in nome collettivo a ciascun socio fa carico l’obbligo di non concorrenza. Il socio in nome collettivo non può esercitare per conto proprio o altrui un’attività concorrente con quella della società e neppure partecipare, come socio illimitatamente responsabile, ad altra società concorrente.

L’obbligo non è esclusivo della società in nome collettivo: la norma si applica ai soci accomandatari di società in accomandita semplice; analogo divieto è posto a carico degli amministratori di società per azioni (art. 2390 c.c.). Si è, inoltre, ritenuto che il divieto di concorrenza possa essere esteso ai soci di società semplice, nei limiti, peraltro, in cui concorrenza possa nella specie spiegarsi: cioè limitatamente a quelle attività agricole per connessione (cfr. art. 2135, commi 2° e 3°, c.c.), in cui sia possibile uno sviamento di clientela (arg. ex art. 2557, ultimo comma, c.c.).

Al socio non è vietato di esercitare qualsiasi attività commerciale, ma soltanto di esercitare un’attività che sia concorrente con quella della società. La norma vuole impedire che la società subisca danno dall’uso che il socio faccia a profitto esclusivo proprio o altrui delle notizie e delle conoscenze acquisite al suo interno. Ed indirettamente spinge ciascuno ad impiegare le proprie energie ed abilità nell’interesse comune.

Al socio è consentito lo svolgimento di altra attività di impresa, ed anche lo svolgimento della medesima attività della società quando, in relazione alle circostanze, debba escludersi l’esistenza di un rapporto concorrenziale. E’ altresì ammessa la partecipazione ad altra società concorrente con assunzione di responsabilità limitata.

Il divieto viene meno se risulta il consenso degli altri soci, anche presunto: in base, cioè, alla conoscenza che essi hanno dell’esercizio dell’attività concorrente, o della partecipazione ad altra società concorrente, quando l’uno o l’altra preesistono al contratto sociale.

L’obbligo sussiste anche nella fase di liquidazione della società.

Il divieto presuppone la qualità di socio. Non può essere affermata, in base a questa norma, l’esistenza di un obbligo di non concorrenza a carico del socio che abbia ceduto la propria quota sociale, del socio receduto o del socio escluso.

E’ dubbio se a costoro possa essere estesa la norma dell’art. 2557 c.c. che pone l’obbligo di non concorrenza dell’alienante l’azienda. Si è fatto notare che con la liquidazione della quota o con il prezzo della cessione della quota il socio realizza una quota proporzionale del valore di avviamento dell’azienda sociale; perciò se egli, dopo l’uscita dalla società, iniziasse una attività in concorrenza idonea a pregiudicare l’avviamento dell’azienda sociale non farebbe che riprendersi ciò che ha trasferito e per cui ha ricevuto un corrispettivo. In ciò si è trovata la ragione per l’applicazione analogica della norma dell’art. 2557 c.c., la quale vieta all’alienante l’azienda di fare concorrenza sul presupposto che nell’alienazione una parte del prezzo pagato dall’acquirente rappresenti il valore attribuito all’avviamento.